Si perde nei ricordi di bambino la suggestione di un legame con la Valle dell'Olmo che scopro ora, a quasi cinquant'anni di distanza, singolare e privilegiato. Un evento segnava negli anni '50 l'inizio delle vacanze nella cascina del lodigiano in cui sono nato e che la mia famiglia conduceva in affitto: la partenza delle manze per l'alpeggio sul Monte Secco di Piazzatorre. La cosa, ricordo bene, risultava coinvolgente e finiva per assumere aspetti quasi rituali. Si attendeva la telefonata dell'Aristide Arioli che ci comunicava quando partire: ciò dipendeva dall'andamento stagionale e dalla conseguente condizione del ricaccio erboso in monte. Quindi si metteva un doppio giro di corda al collo di tutti gli animali destinati alla monticazione, ad alcuni si aggiungeva una bronza o una ciocca. Ricordo che i collari di cuoio che reggevano questi campanacci conservavano di anno in anno il caratteristico odore di monte. Un altra cosa ricordo: che di numerosi fittabili allevatori colleghi di mio padre, lui era tra i pochissimi (gli altri erano comunque suoi parenti), ad esercitare questa consuetudine. E questo mi sorprendeva.
Il giorno della partenza due grandi autotreni arrivati apposta da fuori provincia caricavano tutti gli animali che potevano e quel tanto di indispensabile ai mandriani che li avrebbero presi in custodia a Piazzatorre. In quattro ore, dopo aver fatto tappa per i necessari controlli a Crema, Bergamo e San Pellegrino, si arrivava alla cabina idroelettrica presso il bivio di Mezzoldo dove, con notevole difficoltà, gli autotreni scaricavano la mandria spossata dal lungo viaggio. Il pernottamento avveniva in un piccolo prato lì nei paraggi; la mattina seguente iniziava la salita prima verso il paese e poi, attraverso il paese, in direzione del Monte Secco. In questa fase tutto diventava estremamente coinvolgente: il richiamo del mandriano in testa al branco e il suono dei campanacci attiravano ai fianchi della strada i tranquilli valligiani che salutavano l'arrivo della carovana. La cosa che ancor più mi stupiva era il fatto che molti di loro salutavano cordialmente mio padre chiamandolo semplicemente col suo nome di battesimo. Con altrettanto affetto lui ricambiava; tutto questo a noi bambini risultava assai piacevole, era sorprendente che un allevatore lodigiano fosse accolto come se fosse un parente da una piccola comunità montanara. Mio padre spiegò allora che il nonno era di Piazzatorre e molti di coloro che ci salutavano portavano il nostro stesso cognome; qualcuno era legato alla nostra famiglia da vincoli di parentela. Negli anni successivi in un battibaleno quella distesa di prati che ancora era Piazzatorre , prima del collegamento stradale con il vicino fondo valle, cambiò aspetto risollevando le sorti economiche di tante famiglie che avevano trovato all'estero faticose fonti di guadagno. A partire da quel momento mio padre smise di caricare il Monte Secco e il Torracello e io stesso rimossi quella località che lo sviluppo turistico incontrollato aveva di fatto reso irriconoscibile.
Venticinque anni dopo quando, insegnante di Zootecnia, mi ero lasciato affascinare dalla storia dell'agricoltura mi ritrovai per caso a riconsiderare il tema della transumanza bovina che la mia famiglia, originaria di Piazzatorre, aveva praticato per secoli prima di insediarsi stabilmente nel lodigiano. Mentre per tutti gli altri ambiti agricoli l'indagine storica offriva abbondante materiale, sostanzialmente inesistente risultava la ricerca sui bergamini. Così decisi di cercare per conto mio le fonti di quella antica professione che oramai stava scomparendo anche nella memoria dei bergamaschi dell'alta Valle Brembana che l'avevano conosciuta per secoli. In seguito avrei scoperto negli atti notarili conservati nell'Archivio storico di Bergamo, molto di quello che cercavo; adesso però mi limito a raccontare quello che un altro componente la mia famiglia, fratello di mia nonna, anch'egli figlio di bergamini di Piazzatorre, teneva in serbo nei suoi ricordi di quasi centenario.
Poiché era sacerdote e non lasciò la parrocchia fino a 93 anni, avevo sostanzialmente sottovalutato, anzi ignoravo, le vicende della sua infanzia; sopraggiunto per lui un "forzato" riposo pastorale accettava ben volentieri i miei inviti in mezza stagione a rivisitare la Valle dell'Olmo che lui non aveva comunque smesso di frequentare ogni anno durante la breve vacanza estiva nella casa di Piazzatorre. Quello che raccontava di sé è veramente storia: Il nostro ramo è quello dei Paulì, mio papà, nipote del Paulì, faceva il bergamino e il lattaio ; era nato d'inverno giù in pianura nel 1845. Mi raccontava che da ragazzo al pascolo con gli animali in una cascina presso Melegnano aveva assistito alla ritirata degli Austriaci da Milano; mi raccontava poi che su a Piazzatorre, quand'era bambino accadeva a volte che ci fossero difficoltà a trovare cibo per tutti; allora lui saliva in Torcola Vaga dove il nonno Carlo teneva le sue vacche e faceva il casaro per sé e per i suoi fratelli, qui un po' di mascherpa c'era sempre. La zia Angelica, ultima delle sorelle di mio padre, mi raccontava sempre che a lei e a suo cugino Innocente, i più piccoli della folta consorteria dei tre fratelli Arioli, competeva la specifica mansione di accudire le scrofe e i maialini da Piazzatorre fino alla cascina lodigiana in cui avrebbero svernato. I maschi più grandi e gli adulti dovevano badare durante il tragitto alle vacche e a tutto quello che il loro governo richiedeva.
Mentre poi salivamo verso Mezzoldo e la Riva affioravano altri ricordi che io, per la verità, cercavo con cura di suscitare. Sai lì dietro c'è il passo San Simone, i nostri vecchi mi raccontavano che si usava andare a Cambrembo a prendere moglie e quelli di Cambrembo venivano di qua per fare altrettanto. C'è poi un episodio un po' piccante, si fa per dire, che lo zio prete non avrebbe voluto raccontarmi, ma uno dei cugini di mio papà non stava molto al suo posto, non era sposato e creava qualche problema: un giorno mentre scendevano da Ca' San Marco che avevano preso a caricare dopo aver lasciato Torcola Vaga si accorsero che mancava una delle manze più belle, avevano già superato Mezzoldo furono costretti a fermarsi per ritornare a cercare il prezioso animale: era scomparso nel nulla. Poco dopo la ricerca prese altre direzioni e si scoprì che l'animale era finito nella stalla di una ragazza che aveva concesso i suoi favori al troppo intraprendente giovinotto. La manza ritornò a casa e il parente troppo disinvolto ne uscì per sempre. Saliamo oltre la Riva e mi illustra per bene le varie località fino a quando arriviamo all'ultima curva prima di scendere nel vallone di Ponteranica. Ecco vedi quella baita lì? - indicando sulla sinistra la casèra d'Ancogno - lì passavo buona parte delle mie vacanze quand'ero bambino. Mio papà oltre a fare il bergamino si era messo a fare anche il lattaio e quindi non saliva più d'estate perché doveva lavorare il latte del fittabile che lo ospitava.
Dopo quegli anni andai in seminario e non venni più in vacanza quassù, il papà del Carlino fu incornato da un toro pochi anni più tardi, fu portato all'ospedale di Bergamo ma morì dopo un paio di mesi.Il Carlino restò solo con la madre e con cinque sorelle più piccole; adesso anche lui è molto vecchio e abita vicino a Treviglio. Ci siamo rivisti a Piazzatorre qualche volta gli anni scorsi. L'ultima volta che salii a Ca' San Marco con lo zio prete lui aveva compiuto 101 anni. Il 18 dicembre del 1994, tre mesi prima del suo 104esimo compleanno, dopo aver accompagnato il feretro al cimitero di Fombio nel ritorno; per riprendere le automobili in paese accostai tre signori sconosciuti dall'aspetto un po' insolito: piccoli di statura, facce tonde, abbigliamento assai semplice. Non riuscivo a collocarli né tra i parrocchiani né tra i suoi conoscenti: mi permisi di chiedere chi fossero Siamo dei parenti di don Giuseppe, nostro papà era suo cugino, io mi chiamo Innocente . Allora capii che il legame tra i bergamini della Valle dell'Olmo si era mantenuto a dispetto del tempo; la loro storia tuttavia sta per essere dimenticata anche nelle famiglie che in montagna o al piano hanno avuto rapporti con questa singolare figura. Spero che non sia proprio così.
Natale Arioli Valtorta anno 1953 nell'alta valle della Stabina è l'ultimo paese.
Valtaleggini all'estero l'archivio del comune di Taleggio offre testimonianze dell'espatrio. SIC della Valle Brembana con il termine SIC, si indicano i Siti di Importanza Comunitaria. San Francesco in Valle Brembana una storia seminedita della nostra montagna. Valle Sambuzza e Pizzo Zerna con la macchina saliamo verso Branzi, Carona e Pagliari. Festa della Montagna a Pusdosso su questa "corte" si affaccia una piccola e graziosa chiesetta. Piazzatorre ai primi dell'ottocento sicuramente interessante sapere come era Piazzatorre nel secondo decennio dell'Ottocento. Piazza Brembana ai primi dell'Ottocento Piazza, piccolo villaggio ma signorile, capo-luogo del distretto VIII. Montagna allegra quando si parla di montagna., riaffiorano, nei miei ricordi, tre episodi legati tra loro dall'ambiente. a spasso con i figli a Carona, saliamo coi nostri pesanti zaini verso il rifugio Laghi Gemelli. Fauna delle alte quote nei tempi passati, quando le esplorazioni di nuovi territori e le scoperte di nuove specie. Carlo Ceresa Ambrogio Ceresa della Valsassina e Caterina Maurizio di Oltre il Colle, trasferitisi a San Giovanni Bianco. La montagna che produce il corso superiore del Brembo era già stato oggetto di studi fin dal 1905. Casa Bottagisi a Redivo estate 1995, in una bella e calda serata, ad Averara. I Bergamini – I Malghesi dall'alta Valle Brembana, Valtaleggio e Valsassina dove da sempre caricavano gli alpeggi. Ultimo assalto dopo tre lunghi anni di guerra passati in tragiche immobilità di fronti di combattimento. Sussia abbandono o rinascita. Sussia e' un' antica frazione sopra San Pellegrino Terme raggiungibile percorrendo un'ora di mulattiera. Gli Alpini in alta Valle Brembana dopo il primo conflitto mondiale del 1915-18 gli Alpini dell'alta Valle Brembana. Il Fiume Brembo a differenza però del Serio, il Brembo fuori della sua valle attraversa un tratto più breve di pianura bergamasca. Il Monte Ponteranica e i suoi laghetti quante volte ci siamo chiesti il perché del Monte Ponteranica attribuito ai due suggestivi Laghetti. Monte Cavallo è proprio di una piccola finestrella situata sulla facciata Nord. Vita nel Rifugio Benigni ...è una giornata tiepida, il sole splende e la vista sulle montagne della Valtellina. Il Cervo patrimonio faunistico della nostra Valle Brembana. Annuario C.A.I. alta Val Brembana |