Con l'avvento dell'industrializzazione e la messa in funzione di nuove tecniche per la produzione di energia elettrica ed il suo trasporto a distanza dal luogo di produzione, con l'invenzione del campo magnetico rotante, sorsero i primi impianti idroelettrici; fra questi anche quello dell'alto Brembo. Ecco come viene progettato ed eseguito in molti anni tutto l'indotto idroelettrico dell'alta Valle Brembana, Carona, con relazioni tecniche che sono di estrema attualità.
Il corso superiore del Brembo era già stato oggetto di studi fin dal 1905 e vari progetti erano stati presentati per l'ottenimento delle concessioni. Si presentava quindi la necessità di rivedere tutto il piano di utilizzazione dell'alto Brembo, e perciò come prima operazione si iniziò una campagna di studi sul terreno che durò tutta l'estate 1919 e 1920 e che portò al rilievo planimetrico ed altimetrico di tutta la vallata del ramo di Branzi, da Lenna fino al lago del Diavolo. Speciali difficoltà presentarono i rilievi della zona sopra Carona e sopra Branzi, dove le squadre di operatori dovettero alloggiare per parecchi mesi sotto le tende. La caratteristica più importante di questa vallata è la presenza di numerosi laghetti disseminati fra le quote 1700 e 2100 s.m. Alcuni di essi sono ben noti agli escursionisti Bergamaschi, e più specialmente i Laghi Gemelli ed il lago Colombo nella valle della Borleggia sopra Branzi, ed il Lago del Diavolo sopra Carona.
E' nota la grande importanza che i serbatoi hanno assunto nella tecnica delle utilizzazioni idrauliche. Infatti essi permettono di regolarizzare e rendere uniformi le portate dei corsi d'acqua che per loro natura sono variabilissime, oscillando fra dei valori bassissimi durante le magre e dei valori altissimi nelle piene. Invece la richiesta di energia elettrica si mantiene costante in tutte le stagioni, con un leggero aumento durante l'inverno quando i fiumi delle Alpi sono in magra. Riempiendo così i serbatoi colle acque di piena, si riesce a conservare le portate dei corsi d'acqua a dei valori relativamente alti anche durante le magre. altra funzione dei serbatoi è quella di rendere integrale l'utilizzazione nel ciclo settimanale. Generalmente nel corso di una settimana il deflusso di un torrente si mantiene pressochè costante. Al contrario la richiesta di energia varia moltissimo essendo forte nelle ore diurne dei gioni feriali e quasi nulla nelle ore notturne e nei giorni festivi. Il serbatoio permette di accumulare l'acqua che sarebbe inutilizzata aumentando sensibilmente la potenza degli impianti nelle ore lavorative, elevando al suo massimo valore il coefficiente di utilizzazione.
Pertanto vennero dedicati i più diligenti studi alla ricerca di quei laghetti che presentavano le condizioni topografiche, geologiche ed economiche per poter essere trasformati in serbatoi. In seguito a questi studi vennero progettati i seguenti serbatoi: lago del Diavolo Rotondo, Fregabolgia, Valdifrati e Sardegnana nella zona di Carona, Marcio, Piano delle Casere e Piano del Becco nella zona di Branzi. Gli ultimi due sono probabilmente laghetti prosciugati parte per interramento, parte per erosione dell'incile. La capacità complessiva utile è di circa 22.000.000 di mc. Chi ha un'idea delle esigenze che regolano l'esercizio delle centrali idroelettriche, può ben comprendere come la necessità di far funzionare contemporaneamente dieci serbatoi stagionali potesse creare una seria preoccupazione. Il problema venne risolto assai felicemente, destinando il serbatoio del Sardegnana alla funzione di bacino di carico. Questo serbatoio, che ha una capacità di 2.300.000 mc., si trova a ridosso di Carona; ha una quota più bassa di tutti gli altri serbatoi (1.738 m. s.m.) ed è in posizione centrale rispetto ad essi. Pertanto vennero progettati due canali collettori che convogliassero nel Sardegnana le acque degli altri serbatoi, e di tutto il bacino imbrifiero superiore alla quota 1750 s.m. Uno di questi canali parte dalla Borleggia, appena a valle del serbatoio del paino delle Casere (il quale a sua volta riceve le acque dai laghi Gemelli e dal Colombo), e dopo un percorso in galleria di 2.300 m. sbocca nel Sardegnana, raccogliendo lungo il tragitto le acque del lago Marcio e del lago del Becco. L'altro canale collettore incomincia alla valle del Sasso, emissario del lago del Diavolo, passa dalla località detta Armentarga, raccoglie le acque dei laghi Rotondo, Fregabolgia e Valdifrati, e raggiunge il Sardegnana dopo un percorso di circa 5000 m. Dalla diga di Sardegnana si diparte una condotta forzata in acciaio che scende verso Carona. Nella parte superiore, avendo il terreno lieve pendenza, venne installato un tubo unico in lamiera d'acciaio del diametro di 1800 mlm. e lungo circa 650 m.
Il terreno precipita poi verso il fondo della valle, e qui sono previsti tre tubi del diametro variabile da 1000 ad 800 m.m raccordati al tubo unico superiore mediante un pezzo speciale di triforcazione. Questa seconda parte della condotta forzata, che misura una lunghezza di circa 850 m., è composta in alto da tubi saldati, ed in basso da tubi cerchiati. La costruzione dei tubi venne affidata alla Società Tubi Togni di Brescia. Il salto utile è di m. 600. Il funzionamento dell'impianto si svolge come se si avesse un serbatoio unico, invece di dieci. Infatti la regolazione diurna e settimanale viene fatta automaticamente da iregolatori delle turbine, che erogano dal Sardegnana l'acqua in quantità proporzionale alla richiesta di energia. La centrale funziona normalmente solo per otto ore nei giorni feriali, rimanendo ferma durante la notte e nei giorni festivi. Quando la centrale è ferma, l'acqua si accumula nella Sardegnana. Durante l'estate tutti gli altri serbatoi resteranno chiusi, ed a poco a poco prima dell'inverno si riempiranno. Quest'acqua verrà poi utilizzata durante la magra invernale (dicembre – aprile) inviandola al lago Sardegnana, attraverso i canali collettori. La regolazione è assai semplice, poiché l'erogazione dai vari serbatoi non ha da seguire le vicende dell'esercizio elettrico, ma deve unicamente essere condotta in modo che il Sardegnana contenga sempre una sufficiente riserva d'acqua; pertanto le manovre agli scarichi dei serbatoi potranno essere fatte con tutta comodità e sicurezza.
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Mediante uno sbarramento, si viene a creare un serbatoio di 400.000 mc., che renderà assai pittoresca la conca di Carona. In esso verranno convogliate anche le acque del Brembo di Valleve, deviate in corrispondenza della chiesa di questo paese e condotte a Carona mediante un canale che gira sul promontorio che divide le due vallate. L'energia viene trasportata nella zona della "Società Lombarda per distribuzione di energia elettrica" mediante una ardita linea a 130.000 Volts che da Carona scende alla centrale di Bordogna, indi girando sopra Piazza Brembana rimonta la Valle Stabina, e attraverso il piano di Bobbio (1700 m.s.m.) scende in Valsassina, tocca Lecco e termina a Cislago dove sarà creata apposita cabina di trasformazione. I lavori vennero cominciati nel 1921, coll'impianto dei cantieri, baraccamenti, teleferiche, strade d'accesso ecc., nonché colla cotruzione di un piccolo impianto idroelettrico sul Brembo (600 HP) a Pagliari, frazione di Carona, per fornire l'energia ai cantieri. Si attaccarono poi i lavori dei due canali collettori, condotta forzata e centrale di Carona, nonché della diga del Sardegnana, e di quelle del gruppo del Borleggia sopra Branzi. In principio del 1924 si iniziò l'esercizio col primo gruppo da 15.000 HP.
Quando nella primavera iniziai il cantiere di Carona non avevo letto la relazione sopra menzionata, scritta nel 1926 puntualmente realizzata come da progetto sino all'anno 1952 a compimento di tutti i lavori. Il nostro intervento era di smantellamento della condotta forzata ormai obsoleta e sua sostituzione; nuova realizzazione della Centrale con un' unica turbina "Penton" interamente scavata nella roccia a quota inferiore rispetto alla vecchia; realizzazione di vasche "dissipatrici". In pratica la forza dell'acqua, quando questa non viene utilizzata e non passa nelle turbine, entra nelle vasche dissipatrici e qui viene annullata la sua forza.
Sia a Carona che in Sardegnana avevamo una mensa ed un dormitorio; gli operai erano tutti altamente specializzati, con le qualifiche di "Minatori" – "Escavatori per ragni" – "Trivellatori" – "Manovratori" – "Carpentieri"; alcuni li avevamo assunti anche in Valle, e altri con l'affiancamento di Ditte altamente qualificate per la tecnologia richiesta dai lavori da eseguire. La messa in opera del mezzo di trasporto dei materiali "Blonden" prevedeva due tratte: la prima da Carona alla triforcazione e la seconda da qui alla Diga. Enorme è stata la quantità di inerti trasportati, come il cemento che veniva trasportato sfuso nelle "cipolle", la sabbia ed il calcestruzzo da noi prodotto. Mediamente, quando il lavoro era su tutta la tratta, operavano 40 persone con 3 geometri dell'Impresa e 5 tecnici dell'Enel. La gente del paese ci accolse benevolmente con il suo bravo sindaco Riccardo e partecipò compatta alle memori processioni di S. Barbara con statua lignea conservata nella loro Chiesa.
Puntualmente rispettammo i tempi di consegna delle singole opere: la Centrale dove l'Ansaldo posizionò una turbina "Penton"; le vasche dissipatrici dove furono installate le apparecchiature sperimentate e progettate appositamente dalla "Univerità di Bologna"; lo smantellamento delle condotte, dei suoi plinti ed il rifacimento dei blocchi e delle selle con alta tecnologia; la formazione in alta quota del terrapieno per prevenire le valanghe di neve; l'opera di presa della diga con formazione di una avandiga e pompaggio
dell'acqua piovana e di scolo nel torrente Sardegnana; il risanamento totale del paramento interno della Diga Sardegnana e le opere tecnologiche più sofisticate.
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Tanti i nomi da ricordare; soprattutto uno, Gian Carlo che a piedi percorreva il passo di Aviasco per recarsi a scuola nella sua banda musicale di Gromo. Tanta volontà, molta esperienza e tecnologia erano le caratteristiche degli operai: non un colpo di martello sprecato dava il Luciano, mentre il Picchio, con millimetrica precisione, abbassava il carico del blonden; e che dire delle volate dei minatori Riccardo e Sandro?. La velocità con cui ci facevano salire sulla funivia mi fa ricordare, fra gli altri, il Tino. Anni intensi di lavoro e lavoro, per far sì chela montagna possa produrre e contribuisca con un bene prezioso come l'acqua a produrre energia pulita e ricchezza.
Annuario C.A.I. alta Val Brembana - Articolo di Gianni Molinari |