I Bergamini e i Malghesi della Valle Brembana - (2^ parte)

Il ruolo dei Bergamaschi nelle aziende agricole della Bassa.
La presenza dei "bergamini" nella Bassa, e più precisamente nel Lodigiano, è documentata già verso la fine del XII secolo; il vescovo di Lodi Alberico del Corno (1174-1189), che aveva possedimenti a Cavenago, citò a giudizio un contadino del luogo, certo Ribaldo Incelso, per aver organizzato una "malga peccorum vol ovium" nei boschi del paese. La colpa di Rimbaldo non era tanto di aver costruito quel riparo, ma di avervi pascolato ben più delle trenta pecore, com'era allora concesso. Fu condannato dai Consoli del comune di Lodi al rispetto delle antiche consuetudini. Il documento che riporta il fatto non cita la provenienza  di Ribaldo, se è bergamasco, o comunque di origine montanara. In un atto de l1236, che tratta di una vertenza simile, si fa esplicitamente riferimento che "honor curtis est ponere camparios, mittere malgas et habere herbaticum" e più specificatamente "ponere malgas de montagna" nei terreni incolti comuni. Questo vuol dire che nel Lodigiano  venivano già i "malgari extranei" col loro bestiame, i quali consumavano il fieno raccolto nei possedimenti vescovili: era il rinnovarsi degli antichi ritmi della transumanza che collegava e legava le vallate alpine e prealpine alle campagne della Bassa. Fu nel 1207 che il vescovo di Lodi Arderico "affittava" la "curtis" di Galgagnano in cambio di un cospicuo canone in denaro non solo, ma pretendeva anche diciotto capponi, metà degli agnelli nati nel periodo di contratto e, nientemeno che la metà del formaggio prodotto "de malgis extraneis". Rimaneva inoltre concordato che i massari del vescovo potessero usufruire del letame prodotto nelle stalle dal bestiame dei malghesi. Una trentina di anni dopo Ottobello, vescovo di Lodi, trattava con i "malgarii di Gorno", nella bergamasca, la concessione dei pascoli e degli alloggi nelle possessioni di Cavenago, Castione e Senedogo: i pastori, durante l'inverno e la primavera, vi avrebbero portato a pascolare 540 pecore e 1350 capre, in cambio di notevoli somme di denaro, oltre a quantitativi di "lactes", agnelli, mascherpe e formaggi".

I Santi dei "bergamini".

Il mondo rurale ha sempre avuto i suoi "numi tutelari", i propri santi protettori. I contadini, gente abituata a lavorare, e fortemente, di braccia, sanno che devono in qualche modo porsi sotto la tutela del Divino perché nei confronti delle malattie, delle disgrazie, delle epidemie del bestiame, dei danni del maltempo o di altre calamità, possono fare ben poco, se non nulla. I Santi verso i quali il mondo rurale, e quindi anche i Bergamini, indipendentemente dalla propria religiosità, manifestavano la propria devozione, sono in genere quelli coinvolti nel calendario delle stagioni proprie delle attività rurali.

I principali Santi del mondo rurale sono:

S. Antonio Abate.
Nacque nel 251 a Koma, l'odierna Quemar, sulla riva occidentale del Nilo, nel medio Egitto; la sua famiglia era cristiana e molto agiata. La gente dei campi elesse S. Antonio protettore degli animali domestici: questi sono estremamente importanti in una società essenzialmente agricola.

S. Giorgio martire.
Nacque a Selene, in Cappadocia, da una famiglia che lo educò cristianamente e piamente; divenne soldato nell'esercito dell'imperatore Diocleziano, dimostrando doti di ottimo e valoroso combattente, rappresentato come un guerriero a cavallo nell'atto di uccidere un drago. S. Giorgio divenne un santo particolarmente caro ai malghesi di montagna, i quali decisero di fissare l'inizio dei loro contratti per il pascolo il 23 aprile, giorno della festa di S. Giorgio, un santo valoroso che, dopo un lento martirio, fu decapitato.

S. Michele Arcangelo.
Figura di Santo molto importante nella considerazione della chiesa e dei fedeli, lo divenne anche per i bergamini, i quali fissarono nella data della sua festa, il 29 settembre, la fine dei loro contratti, tant'è che in alcuni luoghi "fare S. Michele" è sinonimo di trasloco, proprio per la cessazione del contratto.

S. Martino.
Nacque in Pannonia, l'attuale Ungheria, nel 316, ed il suo nome era un chiaro richiamo a marte, dio romano della guerra. Questo santo viene ricordato l'11 novembre ed i bergamini fecero iniziare i loro contratti annuali di affitto dei pascoli di pianura proprio in quella data. Proprio qui in pianura, il trasferimento da una cascina all'altra per il trasloco di usa dire "fare S. Martino".

S. Caterina.
La vita di S. Caterina è completamente avvolta nella leggenda. Nata verso la fine del III secolo ad Alessandria d'Egitto da famiglia nobile, fu martirizzata e rappresentata con al fianco una ruota spezzata. Quando i bergamini venivano in pianura e pascolavano i prati degli agricoltori, o fittabili, avevano diritto di pascolare fino al 25 novembre, festa di S. Caterina. Questa usanza ha dato origine al proverbio: "A Santa Caterina le vacche alla cascina".

S. Lucio di Val Cavargna.
Santo martire, per via della sua professione S. Lucio fu nominato protettore dei lattai e dei produttori di formaggi. La sua festa ricorre il 12 luglio.

Giuseppe Pettinari



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