Pizzo di Coca m. 3.050

Da moltissimi anni amo la montagna, e più o meno tutte le vette delle nostre Valli, Brembana, Seriana, per dire le più note, le ho raggiunte, negli anni ‘70 con amici, tutti del paese (Fuipiano al Brembo), poi dagli anni ‘90 con mia moglie e altri amici provenienti da altri paesi della Valle. Con la prima compagnia, (si era anche più giovani di età), si gareggiava sempre a chi arrivava prima alla meta; eravamo molto affiatati e di escursioni ne abbiamo fatte molte, tutte belle per la novità di scoprire una nuova montagna, per ammirare poi dalla stessa panorami stupendi e altre belle montagne. Dicevo tutte belle ma una in particolare mi è rimasta impressa la più alta e imponente delle Orobie: il Pizzo Coca, la cui prima ascensione venne effettuata dalla guida alpina Giovanni Baroni di Sussia. Sempre negli anni ‘70 e sempre con amici sono arrivato in vetta 5 volte, (questa montagna mi entusiasmava) solo una volta abbiamo trovato nebbia e freddo, le altre volte con il sole.

Una salita la voglio descrivere perché decisamente un po' pazza! Con gli amici siamo in un bar di S. Pellegrino, si parla del più e del meno, l'ora è molto tarda, ad un tratto uno esce con questa frase: "E se ora partissimo ed andassimo sul Pizzo Coca?"; ci guardiamo, qualche commento, e alla fine: va bene andiamo a casa a cambiarci e via sul Pizzo Coca. Arriviamo al Rifugio Coca molto presto, aspettiamo che i rifugisti aprano, beviamo qualche cosa, e su, Laghetto di Coca, Bocchetta dei Camosci, e poi gli ultimi 300 m. per arrivare in vetta, i più impegnativi. Dalla bocchetta saliamo lungo la parete meridionale imbocchiamo un canalino e proseguendo su pietre sconnesse arriviamo a un bivio, dove per arrivare in vetta ci sono due percorsi, uno difficile e uno (quello a sinistra) facile, scegliamo quest'ultimo.

Un canale roccioso ci porta su una bastionata, pieghiamo a destra e risaliamo un canalino che alla sommità si stringe, qui il terreno è solido, percorriamo un tracciato leggermente esposto che sulla sinistra segue un crinale, sbuchiamo in un canalino, e tenendo sempre la sinistra, tra detriti e sfasciumi raggiungiamo facilmente la vetta. Fantastico panorama, ammiriamo il Bernina, il Disgrazia, l'Adamello, l'Ortles. Fantastico. Lasciamo la cima e giù verso il Rifugio Coca, sotto un sole cocente e qui incomincia più o meno per tutti a farsi sentire la Notte Brava  a metà discesa le gambe non mi reggevano più, ho tenuto duro fino al laghetto, (dove gli altri erano già arrivati e dopo un bel bagno stavano prendendo il sole), qui ci riposiamo e dopo aver mangiato si torna a valle alle macchine. E' stata diciamo così "una bravata", ma eravamo felici.

Pensavo di non salire più su questa montagna (ormai ero appagato), invece nel ‘92 altra inaspettata salita; dovevamo essere solo in tre, ma al mattino al momento di partire eravamo in tredici, sono stato contento perché sono salito e disceso con un buon passo, nella comitiva c'erano giovani che erano arrivati in vetta molto prima. Negli anni ‘80 andavo in montagna con mia moglie, Maria e per poco tempo anche con i figli Carmen, e Ivan, ora vado io la moglie e altri amici di paesi vicini. Essendo piaciuto a me il Pizzo Coca, nel 2.002 ho preparato per mia moglie MARIA LICINI, e l'amica AGNESE ROVELLI, un programma di tre giorni che comprendesse anche il Pizzo Coca. Domenica pomeriggio le portiamo a Valbondione, arrivano al Rifugio Coca, sono sole, non ci sono altri turisti escursionisti giocano con il vivace figlio dei Rifugisti per far passare il tempo, al lunedì di buon'ora partono sole, pochi viveri e su verso la Vetta, arrivate alla Bocchetta del Polledrino si fermano, ammirano il panorama, qui c'è anche una colonnina del pronto soccorso, poi su verso la Bocchetta dei Camosci m. 2.719, poi tra canalini, rocce pietre, e un tratto un po' esposto, sono arrivate in cima. Lungo l'ultimo tratto hanno trovato un'abbondante flora, al ritorno sempre sole sono arrivate al Rifugio dove hanno ricevuto i complimenti dai Rifugisti.

Il martedì hanno in programma di arrivare al Rifugio Baroni facendo il sentiero alto, passando per il Simal m. 2.712. Subito dopo il laghetto di Coca iniziano le asperità, rocce, costoni, canalini, dove nei punti più difficili ci sono le catene fisse, un bel pezzo pianeggiante ancora parzialmente coperto di neve, e dopo un canalino piuttosto franoso arrivano al Simal, su questo percorso vedono diversi escursionisti, si fermano a mangiare, sguardo sul Diavolo, Diavolino, Coca, Lago del Barbellino, e altre cime. Poi proseguono verso il Brunone; per un tratto hanno la compagnia di diverse capre, arrivano sulla larga Sella dei Secreti ancora con neve, la particolare bellezza delle montagne, dei fiori, il silenzio fanno scordare anche la stanchezza. Scendendo su terreno ghiaioso arrivano al Rifugio Brunone, dietro il Rifugio gli stambecchi brucano l'erba.

Dopo aver mangiato escono; la nebbia va e viene e le previsioni per il giorno dopo sono per brutto tempo; allora anche se stanche, decidono di arrivare al Rifugio Calvi, salutano i Rifugisti, gli escursionisti Svedesi, e Francesi, e partono. Giù verso la Valle del Salto e poi su verso il Passo di Valsecca, passando per il Bivacco Frattini, le nuvole diventano nere, ma riescono (anche se stanche) ad arrivare al Rifugio Calvi senza prendere acqua. Una doccia e una dormita smaltiscono la stanchezza. Il mercoledì sempre con il bel tempo (a dispetto dei meteorologi) lasciano il Calvi e si dirigono verso il Rifugio Longo, passando per il lago del Diavolo, mangiano al Rifugio e poi giù verso Carona (e la macchina) per il ritorno a casa. Sono soddisfatte e appagate di aver visto belle montagne, paesini ai loro piedi, una magnifica flora, e sempre tempo bello. Alla Prossima !!!!!

Raffaele Milesi



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