L'uomo alla montagna e la montagna all'uomo
di Mons. Giulio Gabanelli
Lo spopolamento della montagna abbandona l'ambiente a un nuovo tipo di immigrati, come cinghiali, lupi, orsi, cervi, aquile e molti altri animali selvatici che pure abitavano già la montagna prima che l'uomo li annientasse. Ma se l'uomo se ne va, l'ambiente si riduce al degrado e si inselvatichisce distruggendo l'habitat in breve tempo, col rischio che diventi inospitale anche per i nuovi immigrati mentre pure essi hanno bisogno dell'uomo per un'accoglienza che renda possibile la convivenza loro negata nel lontano passato.
E' desolante la montagna condannata allo spopolamento, là dove ogni appezzamento di terreno era coltivato con cura; dove ogni albero veniva censito e battezzato col suo nome; dove ogni sorgente era meta di ristoro e fonte di richiamo alla vita; dove ogni sentiero era contrassegnato col proprio toponimo e sempre percorribile in ogni stagione dell'anno; dove l'allevamento allargava per così dire l'ambiente familiare; dove si poteva disporre di tempo per contemplare la nascita del sole che sorgeva al mattino col suo pennello d'oro a dare vita a ogni cosa e di sera si rifletteva al tramonto col suo abbraccio dorato su tutte le cime innevate dei monti; dove le stagioni rimarcavano il loro avvicendarsi mutando il proprio vestito dalla primavera all'estate all'autunno e all'inverno come in un salotto di ritrovo allietato dal canto degli uccelli e dal rinnovarsi dei fiori e dei frutti; dove gli anziani, rallegrati dalle nuove generazioni, trasmettevano autorevolmente l'esperienza del passato con le rispettive tradizioni e avvicendamenti, coinvolgendo soprattutto i nipoti e i giovani, perché a loro volta ne tramandassero la memoria.
Purtroppo anche gli anziani sono rimasti nell'isolamento della montagna, abbandonati dai propri familiari, nell'attesa dolorosa che venissero pure essi sradicati dal loro habitat a causa dell'età inoltrata e delle relative conseguenze per essere rinchiusi in qualche ricovero, come nell'anticamera del cimitero, col vantaggio di un'assistenza qualificata dove farisaicamente non manca nulla mentre manca tutto ciò di cui hanno bisogno per morire nella serenità dei propri monti dove potrebbero avere almeno la compagnia del proprio cane, amico fedele, col quale hanno condiviso il cibo frugale con le proprie vicissitudini. E tutto questo perché lassù sui monti manca con lo spopolamento la vita, dove non si nasce più ma soltanto si muore. La montagna, condannata all'isolamento, politicamente parlando, ha prodotto a sua volta lo spopolamento essendosi ridotta a un ambiente improduttivo dove la famiglia era costretta a sopravvivere nella povertà.
Don Giulio Gabanelli con i suoi ragazzi
La popolazione della montagna si è così riversata nei centri industrializzati dove è stata costretta ad abitare negli apiari, casoni improvvisati, tra inquilini che si ignoravano reciprocamente, là dove lo stress del lavoro e dell'inquinamento hanno favorito il dilagare della nuova pestilenza dei tumori e dove a breve distanza si è pure manifestata la piaga della disoccupazione. L'uomo venuto dalla montagna, se è vero che a ogni uccello suo nido è bello, non può avere dimenticato il suo antico habitat dove poteva godersi con più agio la propria famiglia, dove, senza sentirsi condizionato dalle privazioni imposte dall'ambiente di lavoro, poteva ammirare le meraviglie della natura, per cui soffre la nostalgia della sua terra natale col vivo desiderio di un prossimo ritorno nella speranza che i responsabili dello spopolamento dei monti si decidano a ridonare alla montagna quanto nel passato le hanno negato. Da tempo anche nell'ambito dell'industria non si annuncia un roseo avvenire, per cui il ritorno ai propri monti potrà costituire una risorsa non trascurabile.
Ricordiamo la vecchia canzone: "Torna al tuo paesello, che tanto è bello!". I monti infatti ti attendono pronti a offrirti quanto il mondo dell'industria ti sta ormai negando. Persino i nuovi immigrati sulla montagna, gli
animali selvatici, attendono il ritorno dell'uomo perché hanno bisogno di convivere insieme integrandosi
nel medesimo ambiente. La montagna rimane comunque sempre una grande risorsa di vita quando la società voglia
ricredersi di averla ingiustamente ignorata.
Mons. Giulio Gabanelli - tratto dall'Annuario 2005 del C.A.I. alta Valle Brembana
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