Pizzo dei Tre Signori (seconda parte)
di Nazareno Regazzoni


C'era una volta... sul Pizzo Tre Signori
di Andrea Carminati

Estate 2006, nonno Tarci passeggia fuori casa, le gambe portano ancora e un bastone aiuta a caricare su per la salita i propri novant'anni appena compiuti; in cima all'ascesa Tarci si siede nella propria postazione al sole pomeridiano, davanti a lui il panorama è stupendo, da sinistra a destra si vedono il Pegherolo, le Torcole, l'Arera, il Menna e il Venturosa… che bella la montagna! Come quella volta, sessantun anni prima, quando andò sul Pizzo Tre Signori…il tempo nei ricordi torna improvvisamente indietro…


Mappa, inizi del '600, raffigura il confine tra i 3 stati: veneto, milanese e grigioni.
Anticamente il Pizzo Tre Signori si chiamava Pizzo del Cengio (cengio= piccolo passaggio).

È il settembre del 1944, mezzanotte, la domenica è alle porte, il cielo è terso, il Tarci fa gli ultimi preparativi prima della partenza, il giorno prima tra amici si è deciso di fare una lunga escursione sul Pizzo Tre Signori, la montagna che ogni giorno troneggia là in alto, sopra Cusio, così irraggiungibile, così mitica…generazioni di generazioni abbarbicate alle sue pendici l'hanno osservata con un certo timore, impauriti dalla sua mole altezzosa, ora anche per il Tarci è arrivato il momento di sfidarla… prima di uscire dalla soglia controlla lo zaino per l'ultima volta…il pane c'è, e pure il formaggio, il salame non può mancare come non può non esserci un bel fiasco di vino per riscaldare il corpo. È tutto pronto, il Tarci parte da Cugno, scarponi ai piedi, e si dirige verso la Foppa di Santa Brigida dove c'è la sua morosa, la Gesuina, che lo aspetta, insieme ad un'altra coppia, la Maria e il Giuseppe, baldo giovane che è appena tornato dalla Ca' San Marco dove tre volte alla settimana in quanto addetto al controllo delle linee elettriche deve salire a piedi e firmare la presenza nella cabina incassata nel traliccio su al Passo. Mentre sale dalla mulattiera Tarci pensa a quando mai finirà la guerra, pensa al proprio lavoro sul "fronte interno" a tagliar la legna nei boschi, pensa a quanto sia dura tirare avanti con quello che passa la "tessera"... ma oggi è domenica, si va in montagna e tutto passa in secondo piano, si spera solo di trovare bel tempo e di passare finalmente una bella giornata.

Dopo aver raggiunto gli altri si sale verso Cusio, il silenzio è quasi assordante e il paese è avvolto in quella quiete festiva che solo i villaggi lavoratori possono avere; non si incontra un'anima mentre si sale per la mulattiera che attraversa il borgo su fino a Santa Maria, alla Maddalena, da qui in basso si vede Ornica che, avvolta ancora nell'oscurità e alcune luci accese, sembra il paese degli gnomi; il freddo è pungente ed è meglio non fermarsi troppo a fantasticare, conviene proseguire con le torce e aspettare pazienti la venuta del sole. Si riparte, un piccolo sentiero taglia il crinale e si giunge in Val d'Inferno, Tarci e gli altri si sentono ancora in piene forze, l'entusiasmo per la camminata e il cielo che si mantiene sereno accelerano il passo dei quattro escursionisti che con gran lena e con il sole che pian piano comincia a fare capolino risalgono decisi la valle selvaggia, è mattina inoltrata quando si giunge con una certa fatica alla Bocchetta d'Inferno, meglio fare un'altra pausa mentre si osserva con stupore la costruzione della sottostante diga di Trona, dalle baracche dei lavoratori si scorge un denso fumo che sale dai camini, forse già si prepara la colazione.

È' giunto il momento dell'ascesa finale e qui il terreno si fa difficile, il sentiero, già piccolo nella salita della Val d'Inferno, si fa praticamente inesistente, il vento comincia a soffiare forte e si procede tra roccette e sfasciumi, in più la neve che ha resistito all'estate e il ghiaccio mettono in difficoltà la Gesuina e la Maria, che vengono però rincuorate e aiutate dai loro amori. Sono le otto quando finalmente si giunge in vetta, il panorama è stupendo, la croce sembra una sfida umana al dominio della natura, a Sud si vede la pianura, terra lontana e martoriata più delle altre dalla guerra, più vicino si vedono i paesini della valle…come son piccoli! A Nord le Alpi Retiche lasciano a bocca aperta, di là poi c'è la Svizzera, là ci sono molti amici al lavoro, da quassù sembra quasi di abbracciarli... insomma è il momento di fare la foto di rito: Giuseppe estrae la sua modernissima macchina fotografica con l'autoscatto meccanico, la sistema su una pietra davanti a sé e corre con gli amici a mettersi in posa... voilà! impresa è fatta, il Pizzo Tre Signori è conquistato.


Tarci e Giosuina con Maria Manzoni e suo marito Giuseppe Regazzoni in vetta al Tre Signori.
Foto di Ugo Manzoni (Gogis) a ricordo della zia Maria Manzoni


La "gita" però non è finita, si decide di scendere verso il Piani di Bobbio per poi raggiungere Valtorta, la discesa qui è pericolosa e Giuseppe con la sua piccozza è costretto a costruire nella neve piccoli scalini per facilitare il passo, affrontare la parete però è troppo rischioso, si decide così di aggirare la montagna più in basso..improvvisamente avviene l'imprevisto: un tuono solitario squarcia la montagna e dopo pochi secondi Tarci, Gesuina, Giuseppe e Maria vengono investiti da una caterva d'acqua...si cerca un riparo al più presto ma lo si trova solo tempo dopo e dopo mille corse in una miniera di barite nei pressi del Rifugio Grassi che, ironia della sorte, è chiuso.

Dopo la grande corsa e tutti inzuppati ci si è davvero conquistati l'ora di pranzo, si accende il fuoco e si fa un po' di polenta, la galleria non è il posto ideale per mangiare, lo spazio è stretto ma i mucchi di legna van bene per sedersi, in più si ha un tetto, e quando fuori piove questo è davvero un lusso sui monti. Pian piano il tempo migliora, è stato il classico temporale di montagna, si può così ripartire verso valle, la stanchezza ormai si fa sentire, il pomeriggio torna assolato e invoglia a sostare un po' sui prati, si arriva allora verso i Piani di Bobbio ad una baita di mandriani valtellinesi, gente accogliente e che non rinuncia mai a nessuno due chiacchiere e un bel bicchiere di vino, intanto ci si riposa..la strada per tornare a Santa Brigida è ancora lunga e ormai le gambe non sono più tanto fresche!

Le soste si susseguono continuamente, in alta valle, si sa, ci si conosce un po' tutti, quando allora si arriva alle baite di Ceresola non si può non fermarsi alla casa della zia Lucia, da lontano il Tarci vede che sta preparando da mangiare ma non osa chiedere un boccone, infatti è una famiglia molto povera, la zia Lucia ha quattro figli, una mucca per il latte e come unico pranzo tutti i giorni minestra di latte, ma non avendo la pasta per renderla più corposa è costretta ad aggiungere ortiche e il "parùc". Tempi duri!

Quando poi a pomeriggio inoltrato si scende a Valtorta il Giuseppe scorge un gruppo di amici sulla piazza della contrada Rava… naturalmente ci si ferma ancora, si ride, si scherza, si mangia e si beve mentre il sole ormai cala inesorabile…caspita è tardi! I nostri quattro eroi si incamminano ancora di buona lena, si raggiunge la carreggiabile a Cassiglio e da lì si sale per la mulattiera verso Cugno e Santa Brigida, gli incontri non sono finiti e ogni volta è una festa, quattro parole e un bicchiere di vino… non sorprende allora che il Tarci rientri alla casa di Cugno all'una e mezza dopo aver accompagnato la Gesuina a casa alla Foppa, è tardi! La mattina dopo ci si deve alzare di buona lena, il lavoro è duro e Tarci lo sa, ma la giornata è stata proprio di quelle memorabili.


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