Anno 1999 l'ultimo Lupo della Presolana
Don Giulio Gabanelli
Più che di un lupo, si tratta forse di uno stupendo pastore tedesco inselvatichitosi senza che avesse perduto tuttavia la voglia di avere comunque una persona amica, dopo di essere stata probabilmente costretto a vivere con individui troppo rozzi e sprovvisti di sentimenti umani, per cui preferì darsi alla macchia come un ricercato dalla giustizia. La voglia di un amico di cui aveva bisogno fortunatamente
lo condusse a me. Ci deve essere nell'animo di ogni bestiola dell'uomo, un forte richiamo alla simpatia che quando viene assecondata decide l'incontro di due amici inseparabili.
Così avvenne tra me e il lupo della Presolana di cui si era ingiustamente diffusa una certa paura. L'avevo intravisto a distanza in occasione in una delle mie tante escursioni sui dirupi di quella montagna gloriosa per la sua importante bellezza, ma purtroppo anche cimitero di numerose vittime di chi incautamente si avventura affascinato da quelle strapiombanti pareti dolomitiche, Intensificai le mie ricerche per potermi avvicinare
a quel lupo che mi attraeva vivamente come fosse mio. Mentre un giorno ero salito solitario con l'intenzione di pranzare in vetta, temendo l'avvicinarsi del brutto tempo, mi sedetti presso la vetta del Visolo deciso a consumare il mio pasto.
Improvvisamente mi sentii alle spalle quel lupo che timidamente avanzando sulla mia destra cominciò prima ad annusarmi e poi a leccarmi la
mano. In quella circostanza il mio pranzo fu tutto per lui. Ci salutammo poi con un abbraccio affettuoso dandoci l'appuntamento per altre volte
come ci fossimo intesi a occhiate. Gli incontri avvenivano sempre in maniera riservata tra noi due, senza cioè la presenza indiscreta
di altre persone. Diversamente il lupo non faceva la sua comparsa. Capitò una volta con in bocca una lepre bianca, forse perché voleva manifestarmi
la sua riconoscenza, ma comprese che io non potevo condividere con lui quel pasto cruento. Il 22 settembre 1959 fu per me un giorno infausto.
Infatti, dopo un'escursione con due amici, Biagio e Passio, da Cestino al rifugio Albani percorrendo il passo della Porta, sulla via del ritorno
fummo sorpresi nel pomeriggio, sulla parete nord, da una fitta nebbia per cui decidemmo di scendere a valle per incamminarci sul cammino
del Möschel che immette direttamente sul versante di Castione. D'improvviso, nella discesa, venni colpito da un sasso staccatosi dalla parete che mi sfondò il lato facciale di sinistra. Ebbi l'accortezza di recuperarmi avvinghiato a uno sperone poiché corsi il rischio di precipitare; poi, nonostante la forte tumefazione in corso, riuscii a raggiungere la base della parete, dove si fece notte, trovandoci così nell’impossibilità di proseguire in quel buio ginepraio di precipizi scabrosi.
D'improvviso sentimmo l'ululato di un lupo, forse richiamato dal nostro vociare, che dalla Cima Verde precipitava verso di noi, raggelando i miei amici di paura. Io li rincuorai affermando. "È il mio lupo!. Raggiuntomi, mentre ero tutto insanguinato, guaendo mi ripuliva il sangue dalla faccia con la sua tenera lingua, ponendomi nel contempo le sue zampe anteriori sulle spalle. Poi, come avesse sentito il nostro disagio, si avviò verso valle avanti e indietro sbattendo la coda tra le mie gambe per indurmi a seguirlo. Ci accompagnó fino a Möschel dove venni accolto da quegli amici mandriani su uno slittone di fieno trainato da un robusto mulo sino al Nasolino, da dove proseguii in autovettura alla volta della clinica di Clusone.
Appena l'amico lupo mi vide in buone mani, mi salutò con un bacio in viso e con un balzo scomparve nel buio per rivedermi l'anno successivo, quando risalii nuovamente a commemorare l’anniversario di quel mio disastroso incidente. Nonostante la presenza di un gruppo giovane di
amici, mi sorprese per l’ultima volta facendomi una grande festa, e quindi si eclissò, intanto che i presenti impauriti erano fuggiti. Più non lo vidi, ma continuo a sognarlo nottetempo poiché misteriosamente mi raggiunge e quando sono indisposto, al suo arrivo, ogni mio malanno scompare.
Don Giulio Gabanelli
Tratto dall'Annuario 2005 del C.A.I. alta Valle Brembana
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