Riflessioni: gente, paesi che futuro dell'Alta Valle Brembana
di Mons. Giulio Gabanelli
"La gente di montagna, o più semplicemente i nostri montanari, sono stati ben classificati come "scarpe gròse e servèl fì". Ne abbiamo infatti la verifica sul piano pratico del loro comportamento, sia in patria che all'estero, dove sono molto apprezzati come indefessi lavoratori, industriosi e dotati di straordinario talento in ogni campo dove sono chiamati a operare. Sono molto attivi nell'allevamento delle mandrie e specializzati conseguentemente nella lavorazione dei latticini; nelle imprese edili spaziano ricercati in Italia e all'estero; sono industriosi nella lavorazione del legno; nell'arte della pittura, della scultura e dell'architettura abbondano autori di notevole valore di fama nazionale e internazionale.
Ora gli abitanti delle nostre montagne sopravvivono allo sradicamento del loro ambiente, in atto da parecchio tempo. Praticamente, oggi sono rimasti soprattutto gli anziani, radicati visceralmente al proprio habitat, come querce sulla roccia, impegnati a curare gelosamente, nella misura delle loro forze, quanto ancora rimane per una sopravvivenza condizionata, mentre anche le benefiche risorse delle acque e del turismo non risultano sempre floride. Gli anziani si trovano quindi costretti ad affrontare una situazione critica che non può durare a lungo, anche se nel contempo costituiscono ancora un richiamo per i propri famigliari trasferitisi altrove per motivi di lavoro e di comodità per la scuola dei propri figli, sempre nella speranza di un futuro ritorno alla montagna.
Sotto questi particolari aspetti, la montagna è contrassegnata da una situazione di abbandono, anche se continua a diffondere i suoi lusinghieri richiami nella speranza di indurre i responsabili a prendere in considerazione i suoi problemi, per promuovere interventi adeguati alle necessità. La montagna costituisce in se stessa una preziosa riserva a vantaggio anche di quanti direttamente non ritengono di appartenere ad essa, mentre è per tutti una sorgente di vita, senza la quale ci ridurremmo a un deserto arido incoltivabile. Noi siamo abituati a guardare al cielo, quando desideriamo la pioggia o il bel tempo, ma uno sguardo lo rivolgiamo pure alla montagna, preoccupati, se d'inverno non la si vede innevata, non soltanto per il turismo invernale ma soprattutto perché si teme la scarsità dell'acqua lungo la stagione estiva. E' dal suo seno infatti che scaturisce l'acqua delle sorgenti che precipita beneficamente a valle. La montagna, comunque, non esaurisce la sua missione finchè non costituisce una palestra di vita per quanti ne assecondano l'attrattiva per un rapporto tra cielo e terra.
Il "Gloria in Excelsis Deo" che dovremmo cantare gioiosamente a tutte le messe, soprattutto in quelle celebrate sulla montagna, è il più celebre inno rivolto al Dio della montagna, su cui la Sacra Scrittura afferma che vi ha posto la sua dimora. Anche i pagani continuano a riconoscere la sacralità dei monti come abitazione riservata alle loro divinità, per cui chi profana la montagna, profana le divinità, che per noi è il Dio disceso sui monti incontro all'uomo che sale in cerca di pace e di tranquillità".
Arch. Alberto Fumagalli
"Divenni brembano nel 1957 a trent'anni. Negli usi della gente di valle trovai ritmi di vita ancora semplici, famiglie numerose, abitudini antiche e liete; in più capacità di affrontare ogni tipo di lavoro, anche il più duro: c'era anche una povertà diffusa (non miseria però), portata indosso come un vestito, dignitosamente e con dignità sopportata. La strada di fondo valle vi portava a scadenze fisse flussi di vita urbana impetuosi: sciatori, escursionisti di fine settimana, villeggianti e gente in cura durante l'estate. Sono trascorsi ormai 50 anni da allora. La popolazione s'è diradata enormemente; la vita s'è fatta più complessa ed ha acquisito molti caratteri spiccatamente urbani. Perdite? Guadagni? Sarebbe un discorso troppo lungo da fare: accenno soltanto a qualche elemento fra i più vistosi. Famiglie, in genere, con meno figli; volontà di fare, ancora abbastanza viva, anche se tende a cercare impieghi al di fuori della valle. Si può notare una maggior ricchezza delle famiglie, sostenuta ancora da una sobrietà di vita non dimenticata del tutto.
Entro gli anni 80, tutti gli uomini in grado di lavorare, possedevano l'automobile; uguale discorso per le donne, 15 anni dopo. Giovinette che fumano come antiche vaporiere, si vedono dappertutto: giovanetti che si trattano a cornate e spintoni berciando, molto frequenti. Flussi turistici e sportivi molto diminuiti, resistono i villeggianti, alimentati ancora dai ritorni estivi di coloro che s'allontanano dalla valle per lavoro. Le case si sono rinnovate dappertutto, tranne quelle abbandonate in via definitiva; alcuni nuclei e molte case isolate appaiono crollanti. Scomparsa, tranne gli orti,
la campagna coltivata. Il benessere diffuso lo si nota dove sopravvive ogni presenza umana, soprattutto nei centri maggiori, ma pure nelle piccole e medie comunità. Noto con viva ammirazione, la cura dei vecchi in tante famiglie capaci di sobbarcarsi impegni gravosi di assistenza, e la frequenza e solennità dei riti offerti a chi trapassa, come nel tempo lontano dei loro bisnonni, quando un poeta milanese chiamava queste genti delle valli povere, "Sciuri a pé biott".
Il carattere locale, il dialetto e la ricchezza e la varietà dei temperamenti, tendono invece a sbiadire. Ultima osservazione: sotto il nostro cielo si nota una larga quiete, presente in ogni dove: chi la apprezza e la cerca, è indubbio, in questa valle, vive benissimo. Ma è un bene, questo?".
Anno 1901 da "Nuova Italia"
- La Circoscrizione di Bergamo "Distretto VIII'" al tempo di Napoleone, comprendeva, oltre a tutti
i paesi dell'Alta Valle che qui andremo ad elencare, anche Camerata Cornello che però non
trattiamo.
Tutti i paesi erano raggiunti da mulattiere; Le strade carrerecce collegavano:
Lenna – Branzi
Lenna – Piazza – Olmo
Lenna – Roncobello
Olmo - Averara – S. Brigida
Olmo - cimitero di Mezzoldo
Olmo - Cassiglio
Su queste strade vi era servizio di diligenza di I' e II' classe;
- le scuole di grado inferiore erano in tutti i paesi;
- l'emigrazione corrispondeva a un terzo (3.900)
della popolazione complessiva pari a 11.600 abitanti;
- L'Ufficio postale era a Branzi–Piazza–Olmo;
- Il telegrafo a Piazza Brembana;
- Vi era la Postale Bergamo–Morbegno–Coira-Parigi;
- Il collegio elettorale era a Zogno;
- La ferrovia era a Bergamo;
- Diocesi di Bergamo e riti Ambrosiano e Romano.
Tratto dall'Annuario 2005 del C.A.I. alta Valle Brembana
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