Acqua bene prezioso delle nostre Montagne Brembane Ha mai provato l'escursionista a domandarsi quale potrebbe essere l'immagine della montagna brembana ma di tutte le montane-senza gli specchi d'acqua quelli naturali residui di antichissimi ghiacciai, quelli tutto sommato molto recenti creati dall'uomo che la costellano rispecchiandone le cime ed il cielo che li fa cerulei quando è azzurro? Proviamo a pensarlo. Forse diremmo che la montagna sarebbe priva di un qualcosa che le viene considerato congeniale, irrinunciabile, anche nel caso dell'invaso costruito dall'uomo e non più considerato una violazione dell'ambiente bensì un elemento ormai assolutamente naturale, uno dei "gioielli" di cui la montagna fa sfoggio per ammaliare coloro che la frequentano. Irrinunciabili dunque anche gli invasi artificiali che sono ormai parte integrante del paesaggio montano, e l'arco alpino brembano è particolarmente ricco di patrimonio idrico che viene considerato ancora momento storico,umano e sociale della comunità brembana.
Perché la realizzazione delle dighe fu un'impresa ciclopica della quale fu protagonista assoluto l'uomo (le tecnologie erano ancora di là da venire) come si è ben evidenziato con l'interessantissima mostra fotografica proposta all'attenzione dei visitatori lo scorso inverno a Carona dal Club alpino italiano, dall'ENEL e dal Comune. L'uomo impegnato in un duro confronto con la montagna, l'uomo vincente nel rapporto perché rispettoso comunque della montagna alla quale chiedeva il grande dono dell'acqua forse il più indispensabile degli elementi naturali come ben sanno coloro che soffrono di carenza del "bene acqua" che le nostre montagne ci regalano in tanta abbondanza, l'uomo che contribuisce a rendere più bella ed affascinante la montagna. Che da secoli è una fonte di energia e perciò fattore di sviluppo che la Valle Brembana elargisce da tempo immemore ed elargirà ancora in futuro all'uomo, e non soltanto al valligiano. Un tempo facendo girare le ruote di magli e mulini, da cent'anni a questa parte le pale delle turbine per la produzione di energia elettrica che viene distribuita a largo raggio anche alle città ed agli opifici della pianura che sono perciò tributarie della nostra montagna per le loro attività. Lago del Diavolo (2142 m) Si parla dunque di sfruttamento delle acque della montagna brembana, ed eccoci a ricostruire la storia dello sfruttamento idrico della nostra montagna e della nostra valle. Andando a grandi passi nel millennio che si è tutto sommato abbastanza recentemente concluso, per soffermarci poi sull'ultimo secolo con la scoperta dell'energia elettrica che mutò radicalmente il corso della storia. Immaginiamo dunque la vita delle prime genti insediatesi sul fondovalle brembano che facevano semplicemente uso potabile dell'acqua del fiume, e quindi, dopo il Mille con la scoperta della forza energetica dell'acqua la costruzione dei mulini, dei folli, dei magli che costellavano il corso del Brembo che di tanto in tanto si permetteva terribili bizze con piene disastrose come quella della fine del '400 che. raccontano le cronache del tempo, insieme ai ponti spazzò via decine dei succitati piccoli opifici. Facciamo un salto secolare portandoci agli inizi del '900. E' stata scoperta l'energia elettrica che si può produrre utilizzando la forza motrice dell'acqua e la Valle Brembana tanto ricca di acque entra nelle attenzioni degli imprenditori del settore. Siamo proprio agli inizi del secolo, il 1901 e la Società Siemens costruisce la Centrale di Clanezzo, una delle prime ad essere costruite in Italia, le cui turbine girano con l'acqua che arriva tramite canalizzazioni dalla Valle Imagna e da Sedrina. Particolare per l'approvvigionamento idrico della centrale: non si vuole sprecare acqua per cui di notte l'acqua che esce dalla centrale dopo aver fatto girare le macchine finendo in un bacino di raccolta, viene pompata ad un bacino posto sul Monte Ubione dal quale scende poi in giornata per essere riutilizzata. Nei anni a seguire nascono le centrali di Zogno, di San Pellegrino Terme e di San Giovanni Bianco, quest'ultima di servizio alla ferrovia che sta risalendo la valle Brembana. Le difficoltà causate dagli eventi bellici della Grande guerra per l'approvvigionamento di carbone per il funzionamento delle centrali porta in prima linea l'idea dello sfruttamento delle grandi risorse idriche della montagna e perciò delle Alpi Orobie brembane, ma i progetti restano sulla carta perché non c'è disponibilità di manodopera che si farà copiosa con la conclusione della conflitto bellico. E' una opportunità da sfruttare ed infatti nel 1919 si costituisce la Società Forze Idrauliche dell'alto Brembo con lo scopo di dare attuazione a progetti già pronti da tempo. Le secche estive ed invernali del fiume con carenza d'acqua e problemi per il funzionamento delle centrali fanno immediatamente pensare allo sfruttamento delle acque di alta quota. Verranno cioè costruite le dighe creando delle enormi riserve d'acqua derivante dalla fusione delle nevi da utilizzare nei periodi di magra dei corsi d'acqua, e si avranno così dei flussi costanti. Comincia la costruzione delle dighe che creano gli invasi che ora consideriamo laghi naturali. Sono trent'anni dagli inizi degli anni '20 agli anni '50 di fervido lavoro che coinvolge migliaia di addetti provenienti pure da fuori provincia di Bergamo. Lago di Fregabolgia (Calvi - 1957 m) Si arriverà addirittura a cantieri di oltre cinquecento operai che vivono per mesi in villaggi costruiti in quota tuttora visibili nei ruderi delle grandi baracche che si vedono ancora sulla nostra montagna, comunità autonome ed autosufficienti che possono avvalersi di servizi offerti in cantiere, ad esempio quello del calzolaio. La Valle Brembana vive una fase di sviluppo socioeconomico accelerato che la proietta nel futuro. La zootecnia che era stata attività primaria e quasi essenziale ed esistenziale per secoli, viene soppiantata dalle nuove professionalità. Tra gli anni 1922 e 1925 nascono i Laghi Marcio, Becco e dei Frati. Seguono i Laghi Sardegnana, Colombo, Gemelli, del Diavolo e dei Frati, e quindi per ultimi il Pian Casere e Fregabolgia la cui costruzione-l'ultima della serie risale agli anni '50. La montagna non sarà più altrettanto intensamente vissuta. E si realizza un progetto che ancor oggi meraviglia e stupisce per l'arditezza dell'ideazione e della realizzazione. Tutti i succitati invasi sono collegati tra loro ed al Lago di Sardegnana che fa da invaso collettore e regolatore del flusso d'acqua alla centrale di Carona che rilascia l'acqua nel lago omonimo dal quale parte il canale in quota che va a far girare le turbine della centrale di Bordogna in quel di Moio de' Calvi. Il sistema idrico dell'alto Brembo è ancor oggi uno dei più complessi e funzionali nel discorso dello sfruttamento a scopo energetico dell'acqua. C'è attenzione anche per il comparto ovest dell'alto Brembo che però è meno ricco di acque, dove vengono realizzate le dighe di altamora di Averara, del Ponte delle Acque di Mezzoldo e di Cassiglio con centrali al Ponte delle Acque, a Olmo al Brembo e a Lenna. Laghi Gemelli (1953 m) E non vanno dimenticate le tre centrali della Valtaleggio per la cui costruzione si intagliarono le pareti dell'Orrido per la realizzazione della strada di servizio ora provinciale 25 di Valle Taleggio. L'acqua dunque un dono prezioso della montagna, tanto più prezioso perché si rinnova garantendo un contributo determinante e perciò irrinunciabile per lo sviluppo. Un dono che la montagna fa alla gente della valle e pure a quella della pianura. E fin qui abbiamo guardato a questo bene in termini di mero seppur corretto sfruttamento economico. Per noi che amiamo la montagna, che la frequentiamo per le nostre escursioni per evadere dallo stress della vita quotidiana, un qualcosa di più: un arricchimento degli splendidi panorami montani impreziositi proprio dagli specchi acquei cerulei nei quali la montagna si riflette. E siamo grati a questo punto anche per la realizzazione degli invasi artificiali coi quali la gente della montagna brembana vive quasi in simbiosi, senza alcun timore; e tanto più amiamo e rispettiamo questi nostri laghi alpini pensando all'uomo che ha realizzato tali imponenti opere. Appunto:perché nelle dighe ci sono l'ingegno e la mano dell'uomo. Sergio Tiraboschi |