Un tuffo nel passato in Valle Brembana (seconda parte)


Già nel corso delle prime escursioni si cominciò a parlare di tracciare una rete di sentieri. Risale, infatti, alla fine degli anni '70 la progettazione del sentiero delle Orobie occidentali 101 ed i collegamenti con i paesi di fondovalle. In seguito negli anni '80 i Sentieri delle Orobie furono divisi dal CAI di Bergamo in cinque zone. Le nostre sono la ! e la ", cifre che tuttora contraddistinguono la numerazione dei nostri sentieri. Il lavoro di manutenzione si svolgeva, per volontariato, nei fine settimana con petrolio e pennello.

I primi anni della Sottosezione furono caratterizzati anche e soprattutto dall'impegno per la costruzione del nostro rifugio. S'iniziò a discutere il progetto di costruire un bivacco, o un rifugio, senza inizialmente individuarne la localizzazione. L'idea si concretò nel 1982 con la costruzione del Rifugio Benigni in località Piazzotti. Sempre alla fine degli anni '70 si organizzarono i primi corsi di introduzione all'alpinismo diretti da una Guida Alpina. Certamente il modo di affrontare la montagna non sfiorava nemmeno lontanamente i livelli di oggi e la qualità delle attrezzature non era tecnologicamente avanzata, basti affermare che si usava il tipico martello da muratore e che le corde erano i classici canaponi pesanti e intrasportabili se bagnati. Anche gli scarponi erano pesantissimi e solitamente si portavano fino a quando erano completamente consumati e non più riparabili. I pantaloni di velluto alla zuava erano un lusso che non tutti si potevano permettere.

L'alimentazione era quella di tutti i giorni, non esistevano calcoli di proteine o carboidrati come invece spesso accade oggi tra gli alpinisti e gli alimenti più consumati erano stracchino e formaggio tipicamente locali. In compenso la montagna si identificava con la semplicità e l'autenticità dei sentimenti, l'amicizia e l'allegria. Valori questi che non stati un po' offuscati dall'odierno desiderio di primeggiare e di compiere grandi imprese. Ma se voi aveste avuto la possibilità di ascoltare come noi il racconto di questi nostri amici, forse sareste stati convinti che essere grandi non sempre corrisponde ad arrivare più in alto e che forse prima essere grandi alpinisti è preferibile essere grandi uomini. Al CAI allora si aderiva per la comune passione della montagna, per l'annuario, per le riviste sociali del CAI centrale e forse anche perché la nostra valle non offriva grandi alternative ma soprattutto per stare insieme. Alla fine dei primi anni gli iscritti arrivavano a circa 100/120. Sono trascorsi un po' di anni ma i nostri ex presidenti continuano a ritenere la loro esperienza nel CAI meravigliosa, nonostante le difficoltà che comporta creare e proiettare stabilmente nel tempo una Sottosezione.

Avrebbero desiderato essere più visibili sul territorio, evidenziare di più il lavoro del CAI, godere di maggior conto nella gestione della politica ambientale, avrebbero voluto riuscire a valorizzare maggiormente alcune aree di grande interesse naturalistico come la Val Parina, la Valle del Drago e la Valle d'Ancogno. Il loro augurio e la loro speranza ed anche il loro consiglio per avere successo e popolarità, è che il CAI alta Valle nel futuro porgesse più attenzione alla realtà in cui vive, valorizzandone le tradizioni e la molto ricca cultura. Al termine di questo incontro, pur non avendoli vissuti, anche noi auditori sentiamo un pizzico di nostalgia e di rimpianto per quei tempi e soprattutto per il tesoro ed il calore che racchiudevano in sé. Vogliamo quindi ringraziare i nostri ex-presidenti per esserci riusciti, in poche ore, con semplici parole, a farcene dono e per aver acceso in noi il vivo desiderio di recuperare quella parte di passato tanto preziosa.





Susanna Arizzi, Giuseppe Pisoni.

Tratto dall'Annuario del C.A.I. alta Val Brembana - Autore: GIANNI MOLINARI
Foto tratte dal Libro: Una Strada una Valle una Storia


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