Tutto cominciò in un weekend di luglio degli anni '60. Fu mentre salivamo per la valle di Armentarga al passo di Valsecca verso il rifugio Brunone che, quindicenne e affascinato dalla "vera" montagna che mi si svelava per le prime volte, mi accorsi di lui quando si staccò da noi, solo, per risalire verso quel Pizzo del Diavolo, allora nettamente sbalzato dagli ampi nevai e rigato e coronato da candidi profili e venature, da cui non riuscivo a distogliere gli occhi. Lo rividi al rifugio, dove giunse appena dopo di noi, dopo aver salito la Baroni scendendo per la Nord Est, e parve, ai miei occhi adolescenti, immediatamente mitico. Il rifugio affollatissimo ci costrinse a condividere la medesima branda, divenuta ancora più scomoda per le conseguenze rumorose e movimentate di un po' di "baracca" serale.
Partito, il mattino, all'inseguimento del primo gruppo che doveva salire lo Scais (gli altri più tardi andavano al Redorta dove poi deviarono per la verità anche i primi) ai piedi della fascia di roccia sotto la vedretta, mi fermai per prendere fiato e mettere in bocca qualcosa. Lo vidi comparire in fondo al nevaio e ne ricorderò sempre l'andatura tranquilla e dinoccolata e i calzettoni gialli. "Ohe!, tu devi essere quel bocia che era in branda con me! Cosa fai qui da solo?" Gli spiegai la situazione. "Io vado sullo Scais, vuoi venire con me?". Era il sogno. Sullo Scais e con lui, lui che mi avevano detto aveva fatto persino il Cervino. Partimmo risalendo la vedretta ma poi fu sempre il suo modo di andare in montagna: chiara la meta, anarchico e imprevisto il modo di giungervi tagliò per un pendio ripidissimo di neve dura come ghiaccio sotto tutta la "fetta di polenta", per risalire su per un canalino all'intaglio vicino al torrione Curò. Faceva con gli scarponi delle tacche minime su cui passava con la tranquillità e la leggerezza di un camoscio, fermandosi per guardarmi ed incoraggiarmi; si rendeva conto della mia inesperienza e del rischio, ma non poteva sapere che io mi nutrivo della sua sicurezza, mi muovevo come su un cuscino d'aria e avevo dentro un grido di gioia che annullava paura e stanchezza.
Da primo! Forse pazzo o incosciente, ma quanto gli devo! Andammo in giro spesso, quegli anni, anche solo a ruota libera. Provava simpatia per questo ragazzetto che lo seguiva ovunque con entusiasmo. Camminava con quell'aria tranquilla e dinoccolata, sempre uguale, qualunque fosse il carico sulle spalle, con uno sguardo svagato e quasi distratto che sembrava solo sfiorare la superficie delle cose e ti accorgevi poi che nulla gli sfuggiva e che l'apparente estraniazione era un modo naturale di appartenenza che non staccava il particolare dall'insieme. altre cose di lui ammiravo: lo straordinario senso di equilibrio che lo faceva camminare ritto e sprezzante su sottili creste ed esili cenge dove io cercavo ogni possibilità di assicurazione; la forza pura che gli permetteva di restare su un mano all'uscita della Longo sul Poris per piantare il chiodo allora mancante; la capacità di aderenza a quel mondo di rocce e neve che gli faceva salire senza un gradino l'arco finale della Corda Molla, o intuire, ovunque, logiche di passaggio inusuali (credo che non approdò quasi mai alle pareti del Cabianca per il comune pendio, ma sempre, e da solo, scovandosi percorsi sempre diversi lungo le pareti e i canali del Grande Zoccolo).
I lunghi anni successivi hanno cancellato, forse in molti, l'immagine di allora. Non per me, che con estrema tenerezza, raccoglievo i brani di ricordo che gli si affollavano, talvolta, alla mente, e la voglia di ritornare là dove lo riportava, negli spazi di lucidità, il sogno. E si avventurò, da solo, talvolta, dove, dal confuso assetto della memoria, lo riguidava il barlume di una passione non più visibile, ma mai spenta. Per molte strade abbiamo camminato e arrampicato e cantato, senza la necessità di far sapere ad altri, perché ci bastavano il sole, la libertà, l'incontro. Ora che se ne è andato, di lui posso raccontare. Si chiamava Luigi Ragazzoni. Per tutti Sisso.
Giorgio Paganini Sussia abbandono o rinascita. Sussia e' un' antica frazione sopra San Pellegrino Terme raggiungibile percorrendo un'ora di mulattiera. La storia della Valle Brembana il primo fu Antonio Baroni, la celebre guida di Sussia. Via Mercatorum il Turismo è ambiente, cultura, scoperta e curiosità: le montagne della Valle Brembana. Insediamenti in Valle Brembana vorrei esporre le mie idee riguardo alla popolosità dell'alta Valle Brembana. La nostra Valle Brembana la radio ce l'hanno in pochi, quasi nessuno. Ma la notizia corre subitanea su e giu' per le valli. Monte Cavallo è proprio di una piccola finestrella situata sulla facciata Nord. Vita nel Rifugio Benigni ...è una giornata tiepida, il sole splende e la vista sulle montagne della Valtellina. Vagabondando Brembano cammino, nessuno sulla montagna, nessuno per la Valle Brembana. Le mani sulla roccia se non ero in Grigna, ero in Val Brembana dove i miei avevano una casetta per le vacanze. Il Cervo patrimonio faunistico della nostra Valle Brembana. Escursione al Monte Aga ci alziamo di buon ora, la nostra meta quest'oggi è il Monte Aga in alta Val Brembana. Contadini e valligiani gli enormi predù che fanno da tetto agli antichi ricoveri della Valle d'Inferno. Sassi in Valle Brembana la prima volta che mi trovai con le mani sulla roccia fu quando mio padre mi portò sulla "Baroni" al Diavolo. Pagliari, la memoria nella pietra un Borgo Antico, fra i meglio conservati nella sua architettura rustica. Un tuffo nel passato chi in queste poche righe cerca la cronistoria della Sottosezione alta Val Brembana. Antiche vie di Comunicazione parlare ancora oggi della "Via Priula", dopo le numerose ricerche storiche. |